20110716

La crisi dei frontalieri

Maria Pia Cagin - il Riformista
La presidente della Confederazione svizzera Micheline Calmy-Rey ha affermato che c’è una crisi con l’Italia in ambito fiscale. In un’intervista pubblicata oggi dalla stampa svizzero-tedesca e citata dall’agenzia di stampa elvetica Ats, Micheline Calmy-Rey, che è anche ministro degli esteri, ha definito «delicati» i negoziati con l’Italia sulla controversia fiscale. «Abbiamo con l’Italia una crisi in ambito fiscale», ha detto la ministra nell’intervista pubblicata dai quotidiani «St. Galler Tagblatt» e «Neue Luzerner Zeitung».


La presidente della Confederazione non ha voluto commentare la decisione presa a fine giugno dal governo ticinese di congelare il versamento all’Italia della metà dei ristorni delle imposte dei frontalieri italiani che lavorano nel cantone elvetico. «Già all’inizio di giugno ho messo in guardia il presidente del consiglio Silvio Berlusconi riguardo al fatto che in Svizzera alcuni politici pensavano a un blocco», ha detto Calmy-Rey.
Il governo elvetico intende rinegoziare con l’Italia gli accordi sull’imposizione dei frontalieri che risalgono al 1974 secondo i quali il cantone del Ticino versa all’Italia il 38,8% dei proventi fiscali dell’imposizione alla fonte dei frontalieri. Il governo ticinese ritiene adeguata un’aliquota d’imposta del 12,5%, come è in vigore con l’Austria. Per Micheline Calmy-Rey, la decisione del Ticino mostra quanto sia urgente e importante riprendere i negoziati. La ministra degli esteri è fiduciosa che ciò avverrà presto. La Svizzera ha con l’Italia colloqui relativi all’imposizione dei frontalieri: le discussioni sono però «ancora una fragile pianta che necessita acqua di tanto in tanto», ha detto la ministra.
Intanto, il dipartimento di Giustizia degli Usa ha aperto un’inchiesta contro la banca svizzera Credit Suisse a proposito dei servizi di private banking forniti ai clienti americani. Lo fa sapere una nota dell’istituto che ha assicurato che «continuerà a cooperare con le autorità statunitensi per risolvere la questione». Lo scorso febbraio Washington aveva incriminato quattro funzionari di Credit Suisse con l’accusa di aver aiutato dei clienti statunitensi a sottrarre le loro proprietà dal fisco grazie a dei conti segreti tenuti presso la banca elvetica che, all’epoca, non aveva pero’ ricevuto imputazioni formali.