20101013

Sull'inflazione vedi alla voce Google

di Luca DI BIASE - IL SOLE 24 ORE
La società sta per lanciare un indice dei prezzi riferito ai beni scambiati su internet.
«Se sei un economista, la cosa più importante che puoi desiderare di fare è costruire un indice dei prezzi». Parole di Hal Varian. Che si sono trasformate in un fatto. Il capo economista di Google sta appunto sperimentando un indicatore dell’andamento dei prezzi basato sull’enorme quantità di dati che si possono trovare in rete, a partire proprio da Google Shopping, un sottoinsieme specializzato del motore di ricerca che consente di trovare beni in vendita online, e che potrebbe presto allargarsi ai dati che si trovano su Amazon, un altro megamercato del web.


L’esperimento di Varian è di tutto rispetto. Google ha modo di perlustrare internet in lungo e in largo e trovare una quantità di dati straordinaria. Se si cerca, in inglese, una macchina fotografica da 35 millimetri, si ottengono in meno di tre decimi di secondo 58mila risultati. Se si cerca un iPad si trovano mentre andiamo in stampa 74mila risultati. In realtà, si trovano decine o centinaia di migliaia di offerte per ogni bene: dal riso agli abiti, dalle scarpe all’affitto di una casa, dall’elettricità ai combustibili, e così via. Praticamente, c’è un’intera economia che si muove nel commercio elettronico. E quindi ha senso cercare di valutare l’andamento dei dati dei mercati online.


Ma che valore ha un indice dei prezzi dei beni in vendita online? È migliore o peggiore di quello che emerge dai dati ufficiali? E comunque che impatto può avere un indice dei prezzi stilato da una compagnia privata come Google?


Il Financial Times, che per primo ne ha dato notizia, non si tira indietro: per il quotidiano britannico l’indice dei prezzi di Google potrebbe un giorno diventare un’alternativa ai dati ufficiali. Sarebbe un cambiamento gigantesco: dati fondamentali – sui quali si basano i governi, le banche, le imprese, i sindacati, gli istituti pensionistici e praticamente tutti gli operatori economici che hanno bisogno di sapere come vanno i mercati dei beni e servizi – dipenderebbero dalla disponibilità a pubblicarli e a non modificarli di una società quotata in borsa.


È una preoccupazione esagerata. Varian spiega che il paniere di beni presi in considerazione nel suo indice rispecchia l’andamento dell’economia online ma non necessariamente quello dell’economia in generale. La rete è un mercato privilegiato per alcuni settori, come l’elettronica di consumo o il software, ma è ancora poco usata per l’immobiliare o per i ricambi per auto. E il suo paniere ne tiene conto. Quindi non fotografa l’economia nel suo complesso, ma eventualmente il contributo dell’economia digitale all’andamento generale.
Il che non è comunque poco. Un precedente del genere è forse l’indice "Big Mac" dell’Economist: il settimanale britannico tiene traccia del prezzo del panino più venduto nei McDonald’s nei vari paesi del mondo e ne deduce un indicatore del diverso potere d’acquisto delle valute. Non è un sostituto dei dati ufficiali: è un complemento, spesso molto utile. Forse lo stesso si potrà un giorno dire dell’indice Google. «Vediamo una tendenza deflazionistica negli Stati Uniti – dice Varian commentando i suoi dati – e una tendenza inflazionistica nel Regno Unito». Il che, aggiunge Varian intervistato dal Financial Times, si può spiegare con l’andamento della sterlina: l’impatto delle valute può apparire in effetti particolarmente importante nell’insieme dei settori più coinvolti nel commercio elettronico.
Ma la caratteristica decisiva di questo indice Google emerge certamente dal fatto che deriva da dati costantemente aggiornati dai negozi online, e quindi può servire a valutare le tendenze dei prezzi in tempo reale, consentendo in un certo senso di osservarne le reazioni ai fatti di tutti i giorni. Varian, autore di numerosi saggi sull’economia dell’informazione e per anni leader del progetto di ricerca dell’università di Berkeley sulla quantità di dati disponibili nel mondo digitale, ha recentemente dedicato diversi paper scientifici alle aste online e agli effetti economici delle transazioni effettuate con il supporto del computer.
Il suo saggio sui dati economici in tempo reale che si raccolgono online è del marzo scorso. In sostanza, mostra come questo genere di dati consenta non solo di fotografare gli andamenti ma anche di sperimentare, simulare, correlare fenomeni in modo molto flessibile. Si è sempre chiamato "data mining". Ma sta diventando una vera miniera di informazioni e conoscenze.